
.: SINOSSI :.
Agosto 1471. Esausto dal lungo viaggio, un giovane frate attraversa le antiche mura che difendono la città, passa accanto alle vestigia diroccate di un passato ormai dimenticato, s’inoltra in un intrico di vicoli bui e puzzolenti. E infine sbuca in una piazza enorme, davanti alla basilica più importante della cristianità, dove si unisce al resto della popolazione. Ma lui non è una persona qualunque. Non più. È il nipote del nuovo papa, Sisto IV. È Giuliano della Rovere. E quello è il primo giorno della sua nuova vita, un giorno che segnerà il suo destino: dopo aver assistito alla solenne incoronazione dello zio, Giuliano viene coinvolto dai suoi cugini, Girolamo e Pietro Riario, in una folle girandola di festeggiamenti nelle bettole della città, per poi rischiare la morte in un agguato e ritrovarsi al sicuro tra le braccia di una fanciulla dal fascino irresistibile. È il benvenuto di Roma a quell’umile fraticello, che subito impara la lezione. Solo i più forti, i più determinati, i più smaliziati sopravvivono in quel pantano che è la curia romana. Inizia così la scalata di Giuliano, che scopre di avere dentro di sé un’ambizione bruciante, pari solo all’attrazione per Lucrezia Normanni, la donna che lo aveva salvato quel fatidico, primo giorno, e che rimarrà al suo fianco per gli anni successivi, dandogli pure una figlia. Anni passati a fronteggiare con ogni mezzo sia le oscure manovre del suo grande avversario, il cardinale Rodrigo Borgia, sia i tradimenti dei suoi stessi parenti, i Riario. Anni passati sui campi di battaglia, ad imparare l’arte della guerra, e a tramare in segreto contro i Medici di Firenze, nonostante il disastroso esito della congiura dei Pazzi. E tutto per prepararsi a un evento ineluttabile: la morte di suo zio, il papa, e l’apertura del conclave. Ecco la grande occasione di conquistare il potere assoluto. Ma Giuliano scoprirà che il destino, per il momento, ha altri piani per lui…
.: IL NOSTRO GIUDIZIO :.
Il fascino del rinascimento, gli intrighi e le cospirazioni che lo caratterizzarono rivivono ne Le origini del potere di Alessandra Selmi. L’autrice regala ai propri lettori un romanzo equilibrato dove descrizioni e dialoghi sono perfettamente bilanciati cosicché, leggendolo, non si corre il rischio di imbattersi in resoconti minuziosi né in interminabili scambi di battute. L’evoluzione del protagonista, Giuliano della Rovere, è un climax e, a lettura terminata, è difficile capire se si siano lette le gesta di un eroe o si sia seguito il tortuoso cammino di un antieroe.
Abile narratrice, Selmi riesce a raccontare la storia senza diventare didascalica aiutando con discrezione il lettore quando, per esempio, è costretta a descrivere il funzionamento di una macchina senza trasformare il passo in un compendio di storia rinascimentale.
Il libro merita e il mio voto non può che essere positivo: 8-9/10.
Quando si parla del Rinascimento è inevitabile pensare immediatamente alle famiglie dei Medici e dei Borgia o ad artisti come Michelangelo e Leonardo e, d’altronde, scrivere di queste figure storiche (per i quali si sono già profusi fiumi di inchiostro) è un lavoro in discesa, forse proprio per questo il romanzo di Selmi risulta ancora più godibile, oltre che originale. La storia del cardinale Giuliano della Rovere, come raccontata ne Le origini del potere non ha nulla da invidiare alle altre saghe (romanzate e televisive) sul rinascimento italiano e pagina dopo pagina il lettore viene trascinato in un dedalo di bugie, ambizioni e potere rischiando, come lo stesso Giuliano, di finire stritolato dalle spire di un intreccio che tiene con il fiato sospeso e riesce sempre a stupire.
La caratterizzazione dei personaggi è coerente con il loro temperamento e il loro andirivieni tra le pagine del romanzo crea un’alchimia di caratteri e personalità che risulta piacevole.
Nonostante queste doverose, e meritate, lodi il libro ha qualche neo che, tuttavia, non compromette la lettura. La relazione amorosa tra il cardinale della Rovere e una nobildonna romana inizialmente appassiona, per poi ridursi ad un copione sempre uguale che finisce per annoiare.
In un libro dedicato a Giuliano della Rovere è normale che le vicende che interessano i personaggi secondari non trovino largo spazio, tuttavia alcuni eventi e personaggi passano in sordina, come l’eroica resistenza di Caterina Sforza dopo la morte del marito, senza che gli venga riconosciuto nemmeno l’onore delle armi. Questa sommarietà affetta anche il resto della storia che mantiene, fino alla morte di papa Sisto, un buon ritmo per poi diventare frettoloso riassumendo, per esempio, gli eventi avvenuti sotto papa Borgia in pochi capitoli a più o meno cento pagine dalla fine del romanzo. Non sono riuscita a capire se tale cambiamento fosse presente già nel manoscritto editoriale o se si sia trattata di una scelta fatta in fase di editing, ma (parare mio personalissimo) forse sarebbe stato più funzionale dividere in due capitoli la saga usando la morte di papa Sisto come pretesto per chiudere un primo potenziale romanzo e in modo da creare ed alimentare l’aspettativa e la curiosità circa l’epilogo delle avventure del papa guerriero.
*Jo
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