Il tema della violenza, e in particolare della violenza di genere, é centrale in “Ragazze Elettriche”, in originale “The Power”, romanzo di Naomi Alderman edito nella versione italiana da nottetempo.
La distopia di Naomi Alderman ha inizio in un mondo identico al nostro dove, in un giorno come tanti e senza un’apparente motivazione, le ragazze sviluppano una “matassa” che permette loro di controllare, richiamare e usare a proprio piacimento l’energia elettrica. Da quel momento in poi il potere passa nelle mani delle donne e i ruoli di genere si invertono. Gli uomini iniziano ad essere stereotipati come “il sesso debole” e diventano vittime di abusi e violenze sia nel privato che in ambito lavorativo. Insomma, Naomi Alderman cattura l’essenza del potere patriarcale e, grazie all’espediente narrativo dell’inversione, denuncia i maltrattamenti, le ingiustizie e le violenze che le donne subiscono ogni giorno.
La struttura del romanzo è molto particolare: si tratta di un testo di narrativa che, però, nella finzione del romanzo viene presentato come testo storico. Alderman presenta il fittizio autore del romanzo nelle prime pagine del testo e spiega che quello che seguirà, ossia il romanzo stesso, è un resoconto dettagliato di come le donne sono arrivate al potere. Già dalle prime pagine il lettore ha una visione chiara della società matriarcale in cui i personaggi vivono: si possono intuire le discriminazioni di genere cui gli uomini sono sottoposti sin dalle primissime righe. Per rendere più credibile l’intento di resoconto storico, Alderman inserisce dei falsi reperti archeologici alla fine di ogni capitolo raccontandoli con originali e macabre descrizioni.
La scrittura è potente e terribile come solo quella di un libro che racconta una scomoda verità può essere; brusco e rude, lo stile è adatto alla storia raccontata da Alderman. Le descrizioni sono cariche di emozioni e il lettore è portato a soffrire, sorridere, esaltarsi e tremare assieme ai quattro protagonisti; considero positiva la capacità dell’autrice di far simpatizzare il lettore, attraverso un’introspezione curatissima, anche per i personaggi più negativi.
Le tre forme della violenza
Il romanzo parla, come si può evincere dal titolo, del potere. Alderman lo scompone e ne analizza tanto la nascita quanto le numerose sfaccettature: parte dal potere statale per arrivare a quello spirituale e mediatico; naturalmente, in questo suo viaggio, non manca mai di sottolineare la sottomissione di genere che accompagna il potere.
Allie, o “Madre Eve”, è la protagonista che meglio rappresenta la nascita e l’ascesa del potere spirituale, di stampo matriarcale-cristiano, all’interno del romanzo. L’oppressione della nuova chiesa nei confronti degli uomini non traspare dal racconto in sé ma è ben delineata nelle pagine in cui l’autrice raccoglie i falsi reperti archeologici con cui rende viva la preistoria del suo mondo. Tra questi troviamo anche reperti archeologici reali, come la testa riprodotta a pagina 287, cui però l’autrice cambia nome, e di conseguenza ne modifica la storia, per adattarla maggiormente al suo scopo. La testa sopra citata è nominata “Re sacerdote” mentre nel suo romanzo compare come “giovane servo” così come la statua presente nella pagina accanto è chiamata “danzatrice” ma figura tra le sue pagine come “Regina Sacerdotessa”.
Tramite queste descrizioni il lettore è in grado di ricostruire la sottomissione di genere che ha accompagnato la storia e la cultura del mondo creato da Alderman. Madre Eve è un personaggio controverso, a tratti inquietante: la ragazza, vittima di abusi e violenze da parte del patrigno, desidera raggiungere quanto più potere potere possibile e ad ogni costo perché sa che se tutto il mondo si piegherà a lei nessuno potrà più farle del male.
Due donne nel romanzo di Alderman sono simbolo del potere statale: Margot, una politica americana, e Tatiana Moskalev, presidente della Bessapara, uno stato inventato da Alderman e situato nell’attuale Moldavia. Proprio nella Bessapara gli uomini subiscono le limitazioni e le violenze peggiori: mano a mano che lo stato si consolida gli uomini si trovano spogliati dei loro diritti e della loro dignità personale. Nel romanzo si legge:
Nessun uomo potrà portare denaro o altri beni fuori dal paese. […] Agli uomini non è più permesso guidare automobili. Agli uomini non è più consentito possedere aziende. I giornalisti e i fotografi stranieri devono lavorare alle dipendenze di una donna. Agli uomini non è più permesso di riunirsi, nemmeno in casa, in gruppi più grandi di tre senza una donna presente. Agli uomini non è più consentito di votare – perché i loro anni di violenza e di indegnità hanno dimostrato che non sono adatti a prendere decisioni o a governare. Una donna che colga un uomo a disubbidire a queste leggi in pubblico è non sono autorizzata, ma tenuta a punirlo immediatamente. […]
Queste agghiaccianti leggi ricordano moltissimo quelle oggi imposte dai talebani alle donne Afghane, segno che il romanzo è più attuale di quanto la sua data di pubblicazione possa far credere.
Tunde, unico protagonista maschile del romanzo, è il personaggio attraverso cui conosciamo le violenze del regime repressivo e autoritario di Bessapara. Inizialmente è un giornalista d’inchiesta sempre in movimento, ma mano a mano che il suo arco narrativo progredisce si trova sempre più solo. Vittima di uno stato che lo desidera invisibile e chiuso in casa, deve nascondersi: non ha nessuna donna che possa garantire per lui o accompagnarlo nelle più banali commissioni quotidiane ed è quindi costretto alla clandestinità.
Tramite Tunde, il lettore scopre il terrore di chi è costretto a vivere in un regime repressivo e, soprattutto, esplora il dolore di chi a causa del suo genere è privato della sua libertà.
Sarebbe scontato parlare esclusivamente di Tunde nella sezione riguardante il potere mediatico. In questo caso la sottomissione maschile si sviluppa lungo tre direttrici: la prima è quella che rincorre Tunde; la seconda segue due conduttori di un programma televisivo americano; la terza colpisce il frizzo autore del romanzo.
Tunde viene spogliato non solo dei suoi diritti di uomo ma anche della sua dignità di giornalista. Coinvolto fin dal principio dalla rivoluzione delle donne, Tunde segue, documenta e scrive tutto ciò che vede su taccuini destinati ad una cara amica. Nel corso delle sue indagini e a causa del suo genere, Tunde rischia costantemente la vita. La sua storia è quella che rappresenta al meglio la violenza fisica, dolorosa e privativa.
I due conduttori sono personaggi che compaiono spesso nel romanzo eppure il lettore quasi non si accorge di loro: inizialmente,, quando il mondo è ancora governato dagli uomini, è l’uomo della coppia ad avere un posto di rilievo nella conduzione del telegiornale ma, mano a mano che il sistema di potere si inverte, è la donna che inizia a spiccare. Il conduttore diventa sempre meno importante, relegato a ruolo di spalla, fino a quando viene sostituito da un ragazzo nuovo: più bello, più sciocco e più frivolo assunto solo perché rispetta i nuovi ruoli sociali che desiderano l’uomo affascinante, attraente e sensuale. La violenza in questo caso non è palese: è subdola e non tocca solo il conduttore costretto a lasciare il poso di lavoro, tocca soprattutto il nuovo assunto vittima di molestie, sia fisiche sia verbali, da parte della conduttrice.
Chi ha scritto “The Power” nella finzione narrativa si chiama Neil e Naomi, che coincide anche con il nome di Alderman, è la sua editor. Nonostante il loro rapporto sia amichevole non è scevro da pregiudizi e fin da subito il lettore si sente fortemente a disagio. Una frase in particolare, tratta dalla terza pagine del romanzo e che voglio riportare di seguito, sottolinea a mio avviso la forza con cui Alderman sceglie di catapultare il lettore nella violenza del suo sistema matriarcale:
Comunque! Non vedo l’ora! Credo che apprezzerei davvero il “mondo retto da uomini” del quale parli nel libro. Di certo un mondo più gentile, più attento, e – oserei dire – più erotico di quello in cui viviamo.
Un ultimo scambio di email tra Naomi e Neil conclude il romanzo. Qui Naomi suggerisce a Neil di pubblicare il suo romanzo con un nome femminile per evitare che, a causa dei pregiudizi di genere che accompagnano la letteratura, venga letto solo da uomini. Se desiderate approfonAbbiamo trattato il tema degli pseudonimi maschili adottati dalle scrittrici in questo articolo che vi invitiamo a leggere per approfondire il tema, se siete interessati
Il romanzo di Alderman spinge alla riflessione ed è uno dei tanti testi utili a comprendere quanto la violenza di genere, espressa non solo in modo violento ma anche con il linguaggio, sia radicata nel nostro quotidiano. In tutto il mondo, oggi, le donne ancora subiscono i maltrattamenti descritti da Alderman che fa del suo romanzo una pesante denuncia sociale contro il patriarcato e il suo potere.
Alderman parla soprattutto di violenza sociale perché il suo romanzo è un libro sociale. Tuttavia, anche se non la tratta in maniera diretta, non dimentica la violenza domestica: non è difficile immaginare che nel mondo di Alderman siano gli uomini, e non le donne, a subire le peggiori vessazioni tra le mura domestiche.
Oggi, 25 novembre, è stata istituita la giornata internazionale contro la violenza sulle donne ed è proprio di questo che abbiamo parlato tramite la disamina di “Ragazze elettriche” di Naomi Alderman. Nel mondo alla rovescia di Alderman la spietata dominazione femminile sull’uomo altro non é che lo specchio della nostra quotidianità in cui ancora troppe donne vengono abusate, maltrattate, picchiate e uccise.
I dati del 2020 sono impressionanti. Il rapporto Istat del 17 maggio 2021 riporta un incremento del 79% delle richieste d’aiuto ricevute dal numero di pubblica utilità 1522. Il boom è stato durante il lockdown e i principali autori delle violenze di genere riportate, sia fisiche che psicologiche, sono partner, ex partner e famigliari segno che la convivenza forzata generata dal Covid-19 è stata pericolosissima per le donne.
Il dato era già di per sé preoccupante, ma ancora più spaventoso è il fatto che sia rimasto molto alto anche nel primo trimestre del 2021: come riporta sempre l’Istat, il numero di chiamate al centro antiviolenza tra gennaio e aprile è aumentato del 38% rispetto allo stesso periodo del 2020 per poi calare nei mesi successivi e, fortunatamente, non raggiungere o superare il picco del secondo trimestre 2020 che aveva visto oltre 12.000 chiamate valide in soli tre mesi.
Parlare di violenza di genere, a fronte di questi dati non è solo necessario: è vitale.
L’amore, quello vero, non ferisce, non denigra e soprattutto non uccide. La violenza non è sempre, né solo, fisica ed è importante non sottovalutare i primi segnali che possono aiutare ad identificare un comportamento abusivo e pericoloso: se la vostra relazione diventa un susseguirsi di umiliazioni e vessazioni, insulti, svalutazioni, ridicolizzazioni, accuse, privazioni (esempio classico ma importantissimo da sottolineare è quando il/la partner cerca di controllare l’abbigliamento e le amicizie della vittima) e minacce di ripercussioni, allora è in atto una violenza psicologica da cui avete in diritto di proteggervi.
Spesso, il partner, o ex partner, all’inizio della relazione non è violento. La violenza si instaura piano piano e, unita alla presenza di meccanismi atti a creare sensi di colpa, fa sentire la vittima costantemente minacciata e insicura.
La violenza di genere è subdola e, spesso, guidata dal potere. Chi perpetra violenza di genere lo fa proprio perché sente di avere il diritto di rivendicare una persona come una cosa propria, una proprietà che gli appartiene e deve pertanto obbedirgli. E’ una violenza figlia di stereotipi, falsi, dannosi e tendenziosi, che vedono un sesso irrimediabilmente inferiore all’altro.
Vi chiediamo di prestare attenzione alle persone che vi circondano e di prendervi cura di loro: se vi rendete conto che un’amica, o un amico, sta subendo maltrattamenti, consigliate loro di rivolgersi alle autorità o al numero di emergenza antiviolenza 1522 e, se la situazione vi sembra davvero grave, offrite loro una via di fuga.

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