La città di vapore

.: SINOSSI :.

L’ultima opera dell’autore de L’ombra del vento, l’omaggio letterario con cui Carlos Ruiz Zafón ha voluto congedarsi per sempre dai suoi lettori.

«Posso evocare i volti dei bambini del quartiere della Ribera con cui a volte giocavo o facevo a botte per strada, ma non ce n’è nessuno che desideri riscattare dal paese dell’indifferenza. Nessuno tranne quello di Blanca.» Si apre così la raccolta di racconti che lo scrittore dell’indimenticabile saga del Cimitero dei libri dimenticati ha voluto la-sciare ai suoi lettori. Un ragazzino decide di diventare scrittore quando scopre che i suoi racconti richiamano l’attenzione della ricca bambina che gli ha rubato il cuore. Un architetto fugge da Costantinopoli con gli schizzi di un progetto per una biblioteca inespugnabile. Un uomo misterioso vuole convincere Cervantes a scrivere il libro che non è mai esistito. E Gaudí, navigando verso un misterioso appuntamento a New York, si diletta con luce e vapore, la materia di cui dovrebbero essere fatte le città. La città di vapore è una vera e propria estensione dell’universo narrativo della saga di Zafón amata in tutto il mondo: pagine che raccontano la costruzione della mitica biblioteca, che svelano aspetti sconosciuti di alcuni dei suoi celebri personaggi e che rievocano da vicino i paesaggi e le atmosfere così care ai lettori. Scrittori maledetti, architetti visionari, edifici fantasmagorici e una Barcellona avvolta nel mistero popolano queste pagine con una plasticità descrittiva irresistibile e la consueta maestria nei dialoghi. Per la prima volta pubblicati in Italia, i racconti della Città di vapore ci conducono in un luogo in cui, come per magia, riascoltiamo per l’ultima volta la voce inconfondibile dello scrittore che ci ha fatto sognare come nessun altro.

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.: IL NOSTRO GIUDIZIO :.

Ultima opera dell’acclamato scrittore spagnolo, La città di Vapore ha realmente il sapore di un’opera di congedo e, per questo, la lettura risulta amara.
Lo stile è quello poetico a cui Zafón ci ha abituato fin dal principio caratterizzato da un fraseggio non particolarmente lungo e da una scelta lessicale alle volte estremamente fisica ed incisiva che, nonostante la traduzione in italiano, non perde la sua forza e, anzi, sembra uscirne rinvigorita.
Anche le ambientazioni e i personaggi hanno un non so che di già letto, ma trattandosi di una raccolta di opere inedite, o pubblicate solo su riviste, questa familiarità non è considerabile un difetto e, anzi, permette ai lettori di accomiatarsi come si deve dai personaggi conosciuti negli altri romanzi o, per chi si avvicina per la prima volta a Zafón, al contrario cominciare a prendere confidenza con un mondo popolato di puttane, spie ed assassini, librai ed architetti, inquisitori e figure che sembrano essere sgattaiolate fuori dalle pagine dell’Apocalisse di San Giovanni.

Reduce dalla delusione che mi avevano procurato Il principe della nebbia e Le luci di settembre (che avevo iniziato senza terminarlo), ho atteso un po’ prima di confrontarmi con l’ultima opera di quello che, al momento, è il mio autore preferito. Il tempismo con cui La città di vapore venne pubblicato, a pochi mesi dalla dipartita dello scrittore, mi aveva infatti reso diffidente nei confronti di quella che, a mio (pre)giudizio, era solo l’ultima trovata editoriale per cercare di sfruttare anche le ultime lacrime di inchiostro dell’autore regalando al suo nutrito pubblico un’opera a cavallo tra un “adios” e un testamento.
Come spesso accade in questi casi, avevo altissime aspettative su quest’opera e, leggendola, devo dire che sono state pienamente soddisfatte.
Il voto è un 10-/10: trattandosi di una raccolta, oltretutto pubblicata postuma, il materiale sembra più grezzo rispetto alle altre pagine scritte da Zafón. La caratterizzazione dei personaggi è praticamente assente e anche le descrizioni risultano più frettolose rispetto a quelle presenti in altri scritti ma, di nuovo, trattandosi di racconti brevi questi non sono dei veri e propri difetti e, alla fine, l’opera scorre piacevolemente costringendo il lettore ad un vero e proprio esercizio di autocontrollo per non rischiare di divorare troppo velocemente quella che, ahimé, è l’ultima opera dello scrittore spagnolo.
Forse, un maggior lavoro di editing, sarebbe riuscita a portare questo pugno di pagine allo stesso livello delle altre opere di Zafón, ma la scelta degli editori di non intervenire più del dovuto sul testo è comprensibile, e a suo modo accettabile, considerato il poco lasso di tempo intercorso tra la scomparsa dell’autore e la pubblicazione di quello che può essere considerato il suo canto del cigno.

*Jo

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