
Finalmente, dopo anni di “vorrei ma non posso” e “forse il prossimo anno…”, anche io varcherò l’ingresso del Salone Internazionale del Libro di Torino: un appuntamento che, per lettori, scrittori ed editori è sacro tanto quanto il pellegrinaggio alla Mecca che ogni buon mussulmano deve compiere almeno una volta nella vita.
Come lettrice e come curatrice di un blog a carattere letterario mi sto preparando a questo avvenimento con entusiasmo e un po’ di nervosismo: tante le cose da fare e da preparare, ancor di più le cose da vedere e leggere.
Ovviamente, lavoro permettendo, mi sono tenuta aggiornata sui temi che si affronteranno in questa edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino e ho apprezzato non poco la presenza di autori e case editrici che presenteranno in queste giornate libri e romanzi sulla resistenza italiana e testimonianze sulla Shoah e gli orrori che tutti noi conosciamo.
Mi ha entusiasmato molto meno sapere che, tra le case editrici, ce ne sarebbe stata una dichiaratamente di stampo fascista. Fortunatamente ho appreso questa sera che detto editore è stato, infine, escluso dalla manifestazione e il suo stand è stato smontato e lasciato vuoto (potrebbe essere l’occasione per portarci una rosa bianca? chissà!).
Fortuna che, ogni tanto, qualcuno prende in mano la nostra cara, vecchia Costituzione e si ricorda che, tra le transizioni finali (trovate qui il testo), ve ne è una che vieta la ricostituzione del Partito Fascista e ogni forma di apologia tesa a denigrare o minacciare i valori della democrazia e della resistenza.
Questa memoria, tuttavia, non sembra appartenere al nostro Ministro degli Interni che, in proposito, si è espresso così:
” Siamo nel 2019 alla censura dei libri in base alle idee, al rogo dei libri che non ha mai portato fortuna in passato.” ( fonte Ansa)
Caro ministro,
è vero: siamo nel 2019 ed è assurdo che ci sia ancora chi, dimentico delle centinaia di migliaia di morti causati dalle scelte del partito fascista, acclama Benito Mussolini come il più grande statista italiano.
Siamo nel 2019 ed è assurdo che, in un quartiere romano, l’arrivo di una famiglia di stranieri venga accolta con bandiere italiane alla finestra e manifestazioni che poco hanno a che vedere con i principi su cui si fonda la repubblica che tra meno di un mese festeggieremo.
Caro ministro,
non posso negare di aver fatto il suo stesso pensiero: ovvero che è sbagliato censurare le idee di qualcuno solo perché diverse dalle nostre o da quelle del pensiero comune. Tuttavia, in questo caso, non stiamo parlando di pensieri innocui: stiamo parlando di una mentalità criminale e pericolosa che, come dimostrano i fatti di questi giorni a Roma, rischia di trascinare l’Italia indietro di più di 70 anni!
Qualcuno, memore di quando davvero la censura chiudeva la bocca e legava le mani al popolo italiano, potrebbe dire che è semplicemente la legge del contrappasso e che ciò che si semina prima o poi si raccoglie.
Io non la penso così e, francamente, trovo riduttivo liquidare la questione con un semplice e sbrigativo “chi la fa la aspetti”.
Credo che questa sia un’occasione d’oro per tutti noi per fermarci e riflettere su quanto poco considerata sia la libertà di opinione ed espressione: un regalo che abbiamo ricevuto indegnamente, pagato con la vita da chi voleva consegnarci un mondo libero e di pace.
Questo dono, prezioso e fragile come ogni libertà, lo stiamo sperperando in nome di un relativismo ingiustificato che tutto concede. Le nostre coscienze sono assopite, anestetizzate da una frivolezza che si è sviluppata in seno alla libertà di poter esprimere i nostri pensieri con leggerezza, trasformando gli orrori del passato in barzellette e storielle da spalmare sul web e condividere con gli amici.
Siamo tutti, chi più e chi meno, webeti incapaci di mantenere la nostra opinione e affrontare un dialogo con il prossimo e chi non la pensa come noi.
Non sappiamo più raccogliere una provocazione e rispondere in maniera pertinente a domande essenziali come: quando e se è giusto mettere del limiti alla libertà d’espressione?
Abbiamo relegato gli insegnamenti di giornate fondamentali come il 27 Gennaio e il 25 Aprile nella soffitta della coscienza, insieme ai sentimenti di ribellione e sdegno che hanno tenuto accesa la fiamma della resistenza nelle coscienze e nei cuori dei popoli europei oppressi dal nazi-fascismo.
Abbiamo rinunciato alla speranza che è stata la meta verso cui partigiani e dissidenti di tutto il mondo tendono con il solo obbietivo di regalare ai loro discendenti un mondo giusto.
Caro ministro,
io la sfido a scrivermi, trova l’indirizzo e-mail tra i contatti del blog, per parlare di libertà e resistenza. La sfido a confrontarsi con me, ma sopratutto a spiegarmi cosa l’ha spinta a rilasciare una dichiarazione anacronista e sopratutto incoerente con il panorama sociale e culturale del nostro paese.
Buone letture,
Jo lettrice resistente
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