Dietro una curva, l’asfalto bruno non ancora luccicante e tremolante per il caldo, fa da sfondo alla passeggiata mattutina, o meglio, alla prima caccia dal sorgere del sole, di due leoni scortanti di malavoglia due leonesse con le orecchie e i baffi in attesa di cogliere qualche movimento significativo nel bush immobile.
Ci avviciniamo a motore al minimo, il maschio più anziano sembra un sultano che guarda dall’alto il suo harem, ma è stanco e un momento dopo si stende sul manto d’asfalto attendendo un cenno delle femmine.
Sempre con il motore al minimo sorpassiamo i maschi e ci posizioniamo un tratto più avanti, anticipando le leonesse che procedono a passo rilassato sulla strada.
Fermiamo il motore e nel silenzio mattutino della boscaglia, interrotto solo dal richiamo degli uccelli sugli alberi, attendiamo che gli animali ci sorpassino per goderci la loro vicinanza.
Le zampe feline si appoggiano sulla strada senza un rumore, con eleganza, come se fossero dei cuscini di piume che si appoggiano su un divano, i corpi affusolati si muovono in una danza speciale, senza musica, con le criniere appena mosse dalla brezza e le code dondolanti a ritmo sincopato.
Il mio finestrino è spalancato ed io, con la mia macchina fotografica pronta a scattare, resto appiccicata al vano libero godendomi la fragranza mattutina del bush.
Eccoli che arrivano, davanti le due femmine, con le orecchie in movimento e le narici frementi, dietro il maschio più giovane con la criniera appena un pò più scura della peluria da cucciolo e , dietro di lui, il vecchio sultano con la coda pigra che scaccia le mosche svogliatamente.
La prima leonessa si ferma alla nostra altezza, di fianco al furgoncino, mi basterebbe allungare la mano per toccarla.
Immobile, gira la testa verso la discesa al bush quasi a cercare un rumore che possa interessarla, con i baffi frementi nel lieve vento del mattino.
Ora la sua testa si gira verso di noi ed io mi trovo a fissare due occhi gialli, limpidi e crudeli, che sembrano frugarmi dentro, senza che nessun ostacolo si frapponga tra noi.
Il mio sopito istinto di sopravvivenza muove inconsciamente il mio stomaco che si chiude velocemente in un pugno rabbioso.
Le iridi gialle sono finite dentro le mie e le incatenano con una strana malìa che mi impedisce di muovere anche un solo muscolo.
Lei è la cacciatrice ed io sono la preda, lei è la dominatrice e io colei che è dominata, lei è libera e io sono in gabbia, lei è l’Africa e io la spettatrice.
E’ tutto finito, con uno scatto sono tornati nella boscaglia, lontano da noi e dalla nostra curiosità.
Gli arbusti si chiudono alle loro spalle e il loro manto marrone chiaro già li mimetizza completamente al paesaggio, sono diventati invisibili a noi e alle loro future prede.
Un raggio di sole nascente spezza l’incanto dell’intreccio di ombre sui rami di un baobab, filtrando da una nube passeggera nell’alba chiara di un giallo mattino africano.
Monica Barzaghi
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