IL GIORNO DELLA CIVETTA

giorno della civetta

IL GIORNO DELLA CIVETTA
Autore: Leonardo Sciascia
Casa editrice: Gli Adelphi
Anno di pubblicazione: 1962

.:SINOSSI:.

In una cittadina siciliana l’uccisione del piccolo im­prenditore Salvatore Colasberna provoca un’inchiesta, condotta dal capitano dei carabinieri Bellodi giunto da Parma e animato da un alto senso della giustizia. Il ca­pitano si convince subito che il delitto è una questione di mafia e di appalti e riesce a superare il muro d’omertà della gente e a ricostruire la trama dei fatti, nonostante l’assassinio di un testimone e di un confidente dei ca­rabinieri. Arriva ai sicari e al mandante, il boss locale Mariano Arena. Ottiene perfino la confessione di uno degli assassini. A Roma intanto alcuni ambienti politi­ci sono preoccupati che l’indagine possa svelare com­plicità di personaggi vicini al governo, e in una con­versazione privata si decide di produrre prove false per scagionare i colpevoli e indirizzare le indagini verso il delitto passionale. In licenza a casa, il capitano Bellodi apprende dai giornali che la sua ricostruzione dei fat­ti è stata smontata e che quanti vi sono implicati risul­tano scagionati. Testardamente Bellodi decide di tornare in Sicilia per difendere la verità.

.:IL NOSTRO GIUDIZIO:.

Avevo comprato questo libro sotto costrizione al liceo e, come ogni libro “costretto”, non era stato toccato fino ad essere dimenticato. Ha fatto la sua apparizione sulla libreria e, alla fine, non ho resistito e così l’ho cominciato.
E’ un libro che parla, che racconta di una verità che, per tutto il racconto, sembra non potersi neanche pronunciare.
C’è un delitto, ma il colpevole è ovvio fin dalle primissime righe ed è la mafia. Sciascia ci racconta di una corruzione nascosta e silenziosamente accettata da tutti i personaggi di cui l’autore stesso ha premura a parlare perchè, come scrive nelle note finali “in italia non c’è mai stato un personaggio corrotto, non c’è e mai ci sarà” aggiungendo un pizzio di velata iroinia all’intero libro in cui, in sostanza, a parte forse il capitano Bellodi, la corruzione e l’omertà regnano sovrane.
Ci racconta di un mondo complicato, di intrighi e di strani rapporti di rispetto e conoscenza e alla fine ci mette davanti a un fatto che costringe il lettore e i suoi personaggi più ostinati ad accettare con la forza: la mafia, secondo alcuni interlocutori del Capitano Bellodi, non esiste.
Ma, nonostante tutti gli ripetano che non ci deve credere e gli consiglino in ogni modo di smettere di indagare, sembra che il protagonista non abbia intenzione di farsi annoverare tra coloro che otengono con il silenzio l’organizzazione mafiosa e decide di tornare in Sicilia a “rompersi la testa” combattendo la mafia.
Ho apprezzato questo libro per le verità scomode cui ci mette davanti riguardo la società del post seconda guerra mondiale in cui gli echi del fascismo si sentono ancora e perchè tratta di una questione molto importante al tempo ossia la così detta “Questione meridionale” che fece molto scalpore. L’ho trovato davvero bello nonostante l’autore abbia uno stile certe volte complesso e aulico, ma alla fine non è né fastidioso né difficile da decifrare e, anzi, da il giusto rispetto all’argomento trattato che prende così ancora più importante.

Ora come ora gli do 10/10, ma ho notato, dal segnalibro inserito circa a metà libro, che a 16 anni lo avevo mollato, probabilmente perchè non riuscivo a comprenderne la profondità. Non c’è dunque una categoria di persone a cui lo sconsiglierei, solo penso sia il caso di essere abbatanza granzi da comprenderlo fino in fondo.

*Volpe

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