Chiunque abbia messo mano alla penna, o alla tastiera, conosce quella vocina che, parlando dritto dritto al nostro orgoglio, sussurra “perché non fare di questa storia un libro vero?”. Una volta sentita questa voce non c’è più via di fuga e l’aspirante scrittore si immerge anima e corpo nella sua storia dimenticandosi persino di soddisfare i suoi bisogni naturali quali mangiare e dormire. La trama viene stesa, cancellata, ristesa, cancellata nuovamente e per l’ennesima volta imbastita con pazienza. Vocabolari e dizionari dei sinonimi circondano la postazione dello scribacchino, nascondendolo dietro un muro paragonabile al Vallo Adriano o alla Muraglia Cinese. Le scene vengono scritte anche dieci volte, i nomi cambiati e ricambiati perché nemmeno un apostrofo sia fuori posto. L’obbiettivo? Presentare al potenziale editore un testo perfetto “senza macchia né difetto” in cui stile, trama e personaggi tracciano un quadro convincente e soprattutto appetitoso per l’editore e per il futuro lettore. Ed è qui, sulla soglia del tasto “invia” (nel caso delle case editrici, da qui in poi abbreviate CE, che richiedono i testi in formato digitale) o delle poste a cui ci si è recati per inviare il sudato manoscritto, che si infrangono i sogni di molti amanti della letteratura. La maggior parte dei sogni di gloria e letteratura dei nostri aspiranti scrittori muore qui, quando passato il periodo in cui la CE esamina il manoscritto non si riceve alcuna risposta e bisogna ricominciare da capo la ricerca di un nuovo editore, sentendo ancora sulla pelle la prima (e purtroppo non ultima) delusione.
Contrariamente a quanto siamo soliti pensare la storia della letteratura è una storia scritta dagli editori e non dagli scrittori e ciò che adesso può sembrare un testo mediocre può, nel giro di qualche tempo, attirare l’attenzione della critica ed essere annoverato tra gli esempi di un determinato genere. Ha fatto storia la scelta, qualche anno fa, di antologia per liceali che ha proposto per il genere horror/gotico un brano di “Twilight” accanto ad uno preso da “Frankestein”, una scelta azzardata che ha voluto accostare un romanzo contemporaneo ad uno dei classici della letteratura gotica.
Questa considerazione riesce a dare qualche speranza in più al nostro tenace scrittore che caparbio continua a inviare il proprio manoscritto a case editrici sempre più piccole, accontentandosi anche di una visibilità minore pur di vedere il proprio pargolo cartaceo su un qualche scaffale in una qualche libreria ai confini del mondo. Tuttavia i sogni del nostro eroe della carta non vengono esauditi e, dopo aver tentato il tutto per tutto, anche egli ricorre all’espediente, già consolidato, che gli permetterà di vendere qualche copia del suo romanzo su librerie online come Amazon&co.: il self publishing.
Lo abbiamo già detto nell’articolo Il labirinto del lettore: il mondo dell’editoria è una giungla in cui l’autore famoso prevale sull’esordiente e in cui solo pochi possono ambire al lusso di una pubblicazione con una casa editrice, se non famosa, che dia delle garanzie allo scrittore. Uno dei motivi che spingono gli scrittori ad auto pubblicarsi è quindi quello di, in un certo senso, ribellarsi ad un mercato che pubblica solo determinati autori o determinati testi, rimanendo sordo e cieco alle novità che quotidianamente gli vengono inviate. Un problema questo che, anche in seguito all’acquisizione da parte della Mondadori della Rizzoli, ha portato alla nascita di una nuova CE, La Nave di Teseo, che ha trai suoi fondatori Elisabetta Sgarbi e il compianto Umberto Eco. La competizione con i raccomandati non è tuttavia l’unico motivo per cui sempre più scrittori decidono di affidarsi al self publishing, il più delle volte ciò che muove questi scrittori è, a mio modesto parere, un’eccessiva fiducia in se stessi e nel proprio scritto. ATTENZIONE. Questa non vuole essere una critica a chi decide di auto pubblicarsi! Tuttavia mi sento in dovere di condividere con voi alcune considerazioni su quello che è il mercato del self publishing. Il primo problema che si crea quando sul mercato compaiono decine di testi più o meno simili (si legga l’articolo sopracitato per capire meglio di cosa sto scrivendo) è un ingarbugliamento dell’offerta che viene data al lettore che, sia questa uno store online o una libreria in carta e scomparti, barcolla tra titoli più o meno simili tra di loro, copertine dalla grafica ridondante e trame che ripropongono sempre la stessa storia trita e ritrita. Un effetto YA amplificato ed estremizzato che, alla fine, porta il lettore ad acquistare nuovamente titoli famosi e ad ignorare completamente i testi auto pubblicati. Questo non vuol dire che la letteratura auto pubblicata sia letteratura di serie B o addirittura C o D, ma essendo inserita in un mercato senza regole né scremature l’idea che il lettore si fa, trovandosi davanti a questa sorta di far west dei libri, è proprio questa: un guazzabuglio di storie in cui il potenziale capolavoro si confonde con il testo banale pubblicato dall’adolescente con manie da scrittore di successo. Il secondo problema, che dovrebbe far scattare l’allarme nelle teste degli aspiranti scrittori auto pubblicati, è quello di essere inseriti in un mercato editoriale ancora più spietato di quello a cui ci si è ribellati e da cui si è scappati sperando di trovare l’America. Sono sempre di più infatti le CE che offrono il servizio di self publishing svendendo il proprio nome a scrittori scoraggiati e pronti a tutti pur di realizzare il loro sogno. Una truffa in cui, per l’ennesima volta, lo scrittore diventa la vittima ed è costretto, dopo aver a lungo sofferto sulle pagine del suo manoscritto, a pagare per poterlo vedere su quello scaffale che ora appare con tutte le sue schegge non piallate e i tarli in agguato.
Anche io inseguo, come tanti, il sogno di una pubblicazione e probabilmente anche io verrò sedotta da questa soluzione facile che promette a noi scrittori dell’ombra un pezzetto di immortalità. Ciò che mi sento di dirvi, e di dirmi, è non arrendetevi. “Harry Potter” è stato rifiutato da undici case editrici prima di essere pubblicato ed ora è conosciuto in tutto il mondo. Non smettete mai di mettere in discussione i vostri scritti e non abbiate paura di affrontare il fallimento. Siate umili con le vostre storie, perché esse possono diventare piccoli capolavori solo tra le mani di scrittori pazienti e rispettosi dei tempi. Curate i vostri personaggi giorno dopo giorno, come se fosse una fiore, e vedrete che la vostra dedizione e la vostra passione verrà ripagata.
*Jo