Questo articolo, primo di una nuovissima serie che tratterà di grandi uomini e donne, è stato redatto in collaborazione con il canale YouTube La Storica.
Il primo personaggio di cui vogliamo parlarvi è Hammurabi, sesto re di Babilonia, e, soprattutto, autore del codice di leggi conosciuto come “codice di Hammurabi” ritenuto uno dei più antichi del mondo.
Hammurabi fu un sovrano molto capace e tra le sue opere più importanti, tralasciando per qualche istante il codice, si possono annoverare: il tentativo di riunificazione della mesopotamia e l’instaurazione del Babilonese come lingua ufficiale dell’impero; il riordinamento del pantheon mesopotamico con il quale divinità simili tra loro vennero accorpate sotto un’unica figura; l’aver riportato la sfera della giustizia sotto il controlo del re sottraendola, così, al controllo sacerdotale e, per far fronto alla crisi dell’abbandono dei campi, la distibuzione tra i veterani delle terre conquistate al nemico.
Ma passiamo ora alla parte per noi importante, ossia il codice.
295 leggi incise a caratteri cuneiformi su una stele di basalto nero alta quasi due metri e mezzo, recante sulla sommità una scultura del re in venerazione del dio della giustizia Shamash, formano uno tra i più importanti codici di leggi dell’antichità.
Per prima cosa, il codice ci dice che esistevano tre classi sociali:
awīlum: Cittadini con ogni tipo di diritto, oggi potremmo chiamarli nobili;
muškēnum: Cittadini liberi ma non possidenti o ricchi;
wardum: Gli schiavi con tutti i non privilegi che questo status comporta.
Appartenere ad una classe sociale comportava diritti, a meno che non si fosse un Wardum, e dei doveri diversi. C’erano anche pene particolari per ogni casta e, sorpredentemente, le pene di tipo pecuniario venivano calcolate in base alla possibilità economica del colpovevole; in questo modo un ricco pagava, per lo stesso delitto, una multa più alta rispetto che un povero.
La particolarità di questo codice è la sua pubblicità: ogni cittadino poteva controllare che la propria condotta fosse in linea con i dettami del re, oltretutto poteva controllare quale pena gli sarebbe stata inflitta se avesse trasgredito.
Probabilmente, la decisione di esporre le pene che potevano essere inflitte fu di tipo politico: possiamo supporre dovesse servire a disincentivare un determinato comportamento e non possiamo escludere che abbia anche funzionato al tempo.
Le pene erano basate sul famosissimo concetto della legge del taglione che possiamo riassumere con il motto: Occhio per occhio e dente per dente.
Come abbiamo spiegato in precedenza, però ci sono delle piccole eccezioni o particolarità: la pena per l’omicidio era la morte, tuttavia se la vittiva era uno schiavo e l’omicida di una classe sociale più elevata, la pena veniva ridotta al pagamento di una multa calcolata in base all’utilità dello schiavo per il padrone.
Come se questa durissima legge non fosse abbastanza, non era riconosciuto il concetto di responsabilità personale: che il colpevole lo avesse o meno fatto di proposito, era colpevole e come tale sarebbe stato punito con il massimo della pena per il reato commesso.
Il codice di Hammurabi da alcuni indizi anche sulla mentalità dell’epoca in cui ordine e disciplina erano estremamente importanti per staccare dall’epoca precedente considerata piena di caos.
Poco importava, quindi, ai sudditi che non tutto ciò che veniva osannato, riguardo soprattutto alle regole morali, nel codice fosse reale o applicabile, era importante solo che fosse scritto in una legge e reso ufficiale e tecnicamente protetto dall’ordine statale contro il caos.
*Volpe
Rispondi